Lo scorso mese le ricerche proposte in Biennale sono state finalizzate a un progetto per un distretto sanitario a Doha, capitale del Qatar.
E in questi due anni de Graaf si è trovato a riflettere sulle condizioni a contorno drasticamente cambiate che lo hanno portato a interrogarsi sulla necessità di immaginare una nuova forma di “sanatorio”. Dopo i giganteschi passi dell’ingegneria biomedica – che ha reso possibile stampare in 3D organi e tessuti – è possibile, si è chiesto il curatore olandese, immaginare di costruire un intero ospedale con la tecnologia 3D? Ed è possibile usare i rifiuti per farne risorse costruttive? È possibile immaginare per l’ospedale una ‘forma aperta’ responsiva ai cambiamenti in atto?
La ricerca condotta in questi due anni ha preso la forma di un’interessante installazione. In una futuribile stanza d’ospedale, con lettini e tende divisorie, si può assistere alla proiezione del film progettato insieme a un vasto team che si è interrogato sul ruolo ruolo avranno le istituzioni sanitarie nel nuovo mondo.
Il 18 ottobre 2021 insieme a Buro Happold, OMA ha finalizzato le ipotesi di ricerca presentate a Venezia per il distretto sanitario di Doha. Immaginato per il vasto territorio periferico – 1,3 milioni di mq – della capitale del Qatar, il grande complesso ospedaliero si sviluppa su una griglia modulare che, attraverso prefabbricazione e automazione, si adatta e reagisce ai rapidi cambiamenti della scienza e della medicina.
Il progetto prevede una struttura a due piani che accoglie un ospedale universitario, un ospedale femminile e uno pediatrico e un centro diagnostico. I reparti letto sono tutti a piano terra e godono della contiguità con i patii e i giardini. Una fattoria ad alta tecnologia fornisce cibo e piante medicinali. Le varie unità modulari a forma di croce sono prefabbricate, stampate in 3D, e possono essere riconfigurate ed espanse con minime variazioni dei processi.